Collatio 2-1-2019

Isaia 1,1-9

Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe su Giuda e su Gerusalemme al tempo dei re di Giuda Ozia, Iotam, Acaz ed Ezechia. Udite, o cieli, ascolta, o terra, così parla il Signore: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me.

Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende». Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro. Perché volete ancora essere colpiti, accumulando ribellioni? Tutta la testa è malata, tutto il cuore langue. Dalla pianta dei piedi alla testa non c’è nulla di sano, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite né fasciate né curate con olio. La vostra terra è un deserto, le vostre città arse dal fuoco. La vostra campagna, sotto i vostri occhi, la divorano gli stranieri; è un deserto come la devastazione di Sòdoma. È rimasta sola la figlia di Sion, come una capanna in una vigna, come una tenda in un campo di cetrioli, come una città assediata. Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato qualche superstite, già saremmo come Sòdoma, assomiglieremmo a Gomorra.

Iniziamo il nostro viaggio nella prima parte del libro di Isaia con una parola semplice e importante: “visione”. Il profeta ha gli occhi aperti e condivide quello che vede. È uno sguardo su di un luogo in particolare (Giuda e Gerusalemme, teniamolo a mente…) un preciso periodo storico: dal re Ozia al re Ezechia, cioè la seconda metà dell’VIII secolo a.C. caratterizzato dalla grande ascesa della potenza Assira, la caduta di Samaria (722) e l’invasione di Sennacherib (701). Eppure questo sguardo che ha per oggetto uno spazio e un tempo particolare è una visione così profonda e vera da essere una parola che si estende per ogni generazione, fino a noi: è parola di Dio.
Si comincia direttamente con una serie di oracoli che denunciano il peccato del popolo. In questi versetti ascoltiamo il primo oracolo, in cui Dio chiama a giudizio il suo popolo perché “non conosce” Lui. I testimoni sono il cielo e la terra: la disputa consiste nell’accusa di una parte verso l’altra in una alleanza, non per avere una condanna da parte di un giudice (chi potrebbe giudicare il Signore?), ma per ottenere la riconciliazione, attraverso una ammenda, una richiesta di perdono, un risarcimento. Il Signore accusa il suo popolo di tradire e misconoscere la relazione di alleanza con Lui nell’amore, in modo tanto innaturale e sorprendente da essere incomprensibile: come può questo popolo, figlio mio, avermi dimenticato, se anche gli animali sanno riconoscere il loro padrone che li nutre? Più il Signore riconosce l’intimità della sua relazione con Israele (gente, popolo, stirpe, figli) più, paradossalmente, si manifesta la gravità del peccato del popolo (peccatore, iniquo, scellerato, corrotto). Tutto ricomincia da questo riconoscimento del peccato, che il Signore attraverso la denuncia del profeta (che ha gli occhi aperti e vede) vuole che ci assumiamo: abbiamo abbandonato il Signore, lo abbiamo disprezzato, ci siamo voltati indietro. Lui è il Santo di Israele: è una espressione cara a Isaia e contiene sia la dimensione di trascendenza del Signore (il Santo) che il suo legame con il popolo (di Israele): è il legame con il Santo che ci fa vedere la misura vera del nostro peccato. È il riconoscimento che i colpi che sentiamo hanno a che fare con le nostre “ribellioni”. C’è un corpo tutto malato: i pensieri, il cuore, tutto il corpo pieno di ferite, piaghe non curate. La terra è un deserto, i nemici la devastano. Gerusalemme (la figlia di Sion) è rimasta in piedi miracolosamente (dopo l’assedio di Sennacherib) ma in mezzo ad una grande devastazione: è il resto che il Signore preserva in vista di una salvezza. Fin da subito il libro di Isaia ci mette davanti i suoi grandi temi: l’alleanza con Dio, la denuncia del peccato, il castigo come cura, Gerusalemme, il resto, la salvezza futura. Lasciamoci portare dentro il mondo di Isaia dalla sua grande potenza poetica e ispirazione, e scopriremo quanto risuonerà nella nostra vita e nel nostro sguardo sul popolo di Dio e sul mondo.

 

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