Collatio 27-2-2020

Isaia 54,1-10

Esulta, o sterile che non hai partorito,
prorompi in grida di giubilo e di gioia,
tu che non hai provato i dolori,
perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata
che i figli della maritata, dice il Signore.

Allarga lo spazio della tua tenda,
stendi i teli della tua dimora senza risparmio,
allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti,

poiché ti allargherai a destra e a sinistra
e la tua discendenza possederà le nazioni,
popolerà le città un tempo deserte.

Non temere, perché non dovrai più arrossire;
non vergognarti, perché non sarai più disonorata;
anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza
e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza.

Poiché tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo d’Israele,
è chiamato Dio di tutta la terra.

Come una donna abbandonata
e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore.
Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?
– dice il tuo Dio.

Per un breve istante ti ho abbandonata,
ma ti raccoglierò con immenso amore.

In un impeto di collera
ti ho nascosto per un poco il mio volto;
ma con affetto perenne
ho avuto pietà di te,
dice il tuo redentore, il Signore.

Ora è per me come ai giorni di Noè,
quando giurai che non avrei più riversato
le acque di Noè sulla terra;
così ora giuro di non più adirarmi con te
e di non più minacciarti.

Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero,
non si allontanerebbe da te il mio affetto,
né vacillerebbe la mia alleanza di pace,
dice il Signore che ti usa misericordia.

Dalla figura del servo, con il suo dramma di morte e promessa di vita, la parola ci proietta in un canto di esultanza che celebra l’amore incrollabile di Dio e che ha al centro Israele, donna sterile che conoscerà una sovrabbondanza di figli, e donna ripudiata che il Signore riprenderà in un’alleanza di amore eterno. La vicenda della sofferenza misteriosamente feconda del servo dona alla parola del profeta la capacità di mostrare ciò che ancora nessuno sa vedere, e di invitare a cantare quando ancora sembra regnare desolazione e sofferenza. La sofferenza mite, innocente e amorosa del servo può trasformare anche i nostri occhi interiori e farci vedere già ora la ragione della nostra speranza e aprirci alla gioia futura. Già di lui avevamo ascoltato che, nell’atto dell’offerta della sua vita in riparazione, “vedrà una discendenza piena di vita” (53,10); e ora questa fecondità coinvolge tutto il popolo, isterilito dalla deportazione e dalla miseria, cui è regalata, in modo insperato e improvviso, un’abbondanza di figli. Laddove sembra vincere la morte, ancora una volta è il dono della vita a prorompere e ad obbligare ad allargare i confini, ad accogliere generosamente, a tornare ad abitare città deserte. “Crescete, moltiplicatevi, riempite la terra” (Gen 1,28): la terra è creata per essere abitata, per gioire insieme ad una umanità che genera, che vive e che fa vivere. Accanto all’immagine di Sion come sterile invitata a gioire, perché le saranno dati una moltitudine di figli (cfr. 49,17-21!), c’è l’immagine complementare della “sposa mancata”, perché nubile, perché vedova, perché ripudiata: essa non deve temere, non deve vergognarsi, perché il dolore e la mancanza di questo momento scompariranno perfino dalla sua memoria. Il Signore, creatore di tutta la terra, è lo sposo e il redentore di Israele. L’esperienza dell’esilio, il senso di abbandono (cfr. 49,14!), di non contare più nulla, di essere spazzati via dalla storia umana, non deve più condizionare la memoria e il vissuto profondo del popolo ferito e umiliato. Il Signore è descritto come un amante pentito, che si rende conto di aver fatto troppo soffrire la sua amata, di averla ripudiata per uno scatto di rabbia eccessivo, ma che ora, di fronte all’ “animo afflitto” di lei, corre a prometterle amore eterno e indistruttibile, sperando che tutto il dolore sia cancellato da un abbraccio e da una tenerezza che non verranno più meno. “In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto”: sembra di sentire il linguaggio dei salmi, dove il volto di Dio nascosto, cercato e trovato, anima tutta la vita spirituale e la preghiera del credente (cfr. p. es. i Salmi 27, 29, 41…). Qui questo “un poco” è comunque troppo: nessuno può resistere se Dio si nasconde. E se questo accade, in tutte le vicende inesplicabili, angosciose e terribili della nostra vita, allora un “affetto perenne” deve subito venire a rassicurarci di essere sempre amati e custoditi. “Come ai giorni di Noè…”: l’ira distruttiva del diluvio non è servita se non per farci conoscere l’alleanza di pace e senza pentimento tra Dio e la sua creazione, e ora anche l’attraversamento da parte del popolo di questa sofferenza non servirà se non per fargli comprendere nel modo più definitivo e incrollabile l’amore di Dio, il suo affetto, la sua alleanza di pace, la sua misericordia senza limiti. Ogni passaggio faticoso e doloroso della nostra vita, anche enigmatico e tremendo, è sempre tutto dentro la storia di amore indistruttibile e vittoriosa tra Dio e noi suo popolo, nel sigillo indelebile della “vita versata fino alla morte” del servo del Signore.

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