Isaia 65,1-7
Mi feci ricercare da chi non mi consultava,
mi feci trovare da chi non mi cercava.
Dissi: «Eccomi, eccomi»
a una nazione che non invocava il mio nome.
Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle;
essi andavano per una strada non buona,
seguendo i loro propositi,
un popolo che mi provocava
sempre, con sfacciataggine.
Essi sacrificavano nei giardini,
offrivano incenso sui mattoni,
abitavano nei sepolcri,
passavano la notte in nascondigli,
mangiavano carne suina
e cibi immondi nei loro piatti.
Essi dicono: «Sta’ lontano!
Non accostarti a me, che per te sono sacro».
Tali cose sono un fumo al mio naso,
un fuoco acceso tutto il giorno.
Ecco, tutto questo sta scritto davanti a me;
io non tacerò finché non avrò ripagato abbondantemente
le vostre iniquità e le iniquità dei vostri padri,
tutte insieme, dice il Signore.
Costoro hanno bruciato incenso sui monti
e sui colli mi hanno insultato;
così io misurerò loro in grembo
la ricompensa delle loro azioni passate.
Dopo l’intensa e struggente supplica a Dio del profeta a nome del popolo, ci saremmo aspettati una risposta traboccante di misericordia. E ancora una volta l’incontro con la parola di Dio incrina i nostri automatismi e le nostre false consolazioni. Non è ancora il tempo di celebrare la riconciliazione! Anche il Signore ha una parola di lamentazione. Prima è necessario attraversare, dolorosamente, il chiarimento, ospitando il “punto di vista dell’altro”. Non si ritrova davvero comunione con Dio rimanendo ostinatamente nelle nostre pretese infantili di essere solo capiti, accolti, perdonati, ma anche accettando umilmente le esigenze della sua giustizia. Piagnucolare dicendo che il Signore si nasconde, tace, non ci capisce, potrà certo descrivere bene il nostro vissuto, ma non possiamo pretendere che sia effettivamente la descrizione di Lui, che è qui e ha ben altro da dire e da rinfacciarci in proposito! La “sua” verità è un’altra: quella che chiamiamo silenzio, insensibilità, lontananza di Dio, non è altro che la nostra sordità, la nostra dimenticanza di lui, la nostra indifferenza davanti al suo continuo, instancabile venire a cercarci, il suo “tendere le mani”, quasi supplicante (cfr. Is 1,15 e 4,31!), verso di noi, per afferrarci e stringerci a sé. C’è una continua ribellione, una incomprensibile ostinazione nel percorrere vie di maledizione, una provocazione sfacciata nel seguire le pratiche menzognere e idolatriche dei popoli. Ma c’è una cosa che più di ogni altra il Signore non può sopportare: è l’ingresso nella coscienza del popolo di Dio di quella “mondanità spirituale” che corrompe la fede, e che si esprime nella separazione e innalzamento di qualcuno nei confronti degli altri. “Essi dicono: «Sta’ lontano! Non accostarti a me, che per te sono sacro»”. È precisamente quella stessa logica che oggi vediamo in quello che chiamiamo “clericalismo”: utilizzare la relazione con Dio non per farsi più prossimi ai fratelli usando la sua giustizia e la sua misericordia verso gli altri, anzi facendosi servitori dei fratelli, ma per imporre una separazione e una superiorità che ci consentano di metterci al riparo dalle grane della vita di tutti, per il nostro tornaconto, la nostra comodità, il nostro potere. “Tali cose sono un fumo al mio naso, un fuoco acceso tutto il giorno. Ecco, tutto questo sta scritto davanti a me; io non tacerò finché non avrò ripagato abbondantemente!”. E in questo non c’è differenza tra noi e i nostri padri…! Questo doveva essere messo in chiaro. Non ci sarà misericordia e riconciliazione, senza la denuncia chiara e senza sconti di questo principio iniquo di prevaricazione, di violenza e di menzogna, che abita nel nostro cuore.