Collatio 29-7-2020

Atti 24,22-27

Allora Felice, che era assai bene informato su quanto riguardava questa Via, li congedò dicendo: «Quando verrà il comandante Lisia, esaminerò il vostro caso».

E ordinò al centurione di tenere Paolo sotto custodia, concedendogli però una certa libertà e senza impedire ad alcuno dei suoi di dargli assistenza.
Dopo alcuni giorni, Felice arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che era giudea; fece chiamare Paolo e lo ascoltava intorno alla fede in Cristo Gesù. Ma quando egli si mise a parlare di giustizia, di continenza e del giudizio futuro, Felice si spaventò e disse: «Per il momento puoi andare; ti farò chiamare quando ne avrò il tempo». Sperava frattanto che Paolo gli avrebbe dato del denaro; per questo abbastanza spesso lo faceva chiamare e conversava con lui.
Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo. Volendo fare cosa gradita ai Giudei, Felice lasciò Paolo in prigione.

Paolo, dopo la sua difesa, assiste ad una nuova dilazione del processo da parte del governatore Felice, che accampa la scusa di dover sentire nuovamente il comandante Lisia. La verità è che semplicemente il suo caso finisce in un binario morto, fatto di tattiche, interessi, inerzia. La carcerazione “soft” nella quale Paolo si ritrova (la concessione di “una certa libertà” e di poter ricevere visite) diventa un limbo che avvolge di nebbia ogni cosa, tranne la coscienza di Paolo che rimane lucida e libera. Il quadro diviene simile a quello della carcerazione di Giovanni Battista, fatto di curiosità pseudo-religiosa, fascino misto a paura per una personalità così autorevole come quella di Paolo, gestione del potere, corruzione e prevaricazione. Anche l’interesse un po’ da salotto verso la “Via” evapora davanti alle esigenze di giustizia proclamate con parresia da Paolo, che non teme i potenti. La grande occasione di Felice di scoprire una salutare paura che può farlo tornare in se stesso viene glissata con un ennesimo rimando, come se le cose si sistemassero semplicemente aspettando, passando ad altro, tornando a soffocare la coscienza nelle occupazione dei propri interessi. Perfino la conclusione del suo mandato non è un’occasione almeno per rendere giustizia a Paolo dopo due anni di attesa: anche qui prevalgono le dinamiche del potere e la preservazione degli equilibri. E nel frattempo Paolo vive questo tempo sospeso, con una sempre più profonda consapevolezza di essere servo inutile del Vangelo, afferrato ormai definitivamente da Gesù, testimone di Lui in ogni occasione.

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