Collatio 7-1-2019

Isaia 2,6-22

Sì, tu hai rigettato il tuo popolo, la casa di Giacobbe, perché rigurgitano di maghi orientali e di indovini come i Filistei; agli stranieri battono le mani.
La sua terra è piena d’argento e d’oro, senza limite sono i suoi tesori; la sua terra è piena di cavalli, senza limite sono i suoi carri.
La sua terra è piena di idoli; adorano l’opera delle proprie mani, ciò che hanno fatto le loro dita.
L’uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato; tu non perdonare loro.

Entra fra le rocce, nasconditi nella polvere, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra.
L’uomo abbasserà gli occhi superbi, l’alterigia umana si piegherà; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno.
Poiché il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza, per abbatterlo,
contro tutti i cedri del Libano alti ed elevati, contro tutte le querce del Basan,
contro tutti gli alti monti, contro tutti i colli elevati,
contro ogni torre eccelsa, contro ogni muro fortificato,
contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le imbarcazioni di lusso.
Sarà piegato l’orgoglio degli uomini, sarà abbassata l’alterigia umana; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno.
Gli idoli spariranno del tutto.
Rifugiatevi nelle caverne delle rocce e negli antri sotterranei, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra.
In quel giorno ognuno getterà ai topi e ai pipistrelli gli idoli d’argento e gli idoli d’oro, che si era fatto per adorarli,
per entrare nei crepacci delle rocce e nelle spaccature delle rupi, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra.
Guardatevi dunque dall’uomo, nelle cui narici non v’è che un soffio: in quale conto si può tenere?

Misuriamo qui tutta la distanza tra la promessa e l’orizzonte di pace dei versetti precedenti e la condizione di corruzione e castigo imminente. La contrapposizione è così violenta e acuta da farci sentire tutto lo sgomento e lo spiazzamento di questo “sì, tu hai rigettato il tuo popolo!”. Gerusalemme è sì luogo di affluenza di stranieri, che non vengono per imparare le vie del Signore, ma per portare la stolta fiducia nei sogni di maghi e indovini. L’esterofilia di Gerusalemme (“agli stranieri battono le mani!”) non ha nulla a che fare con la sua vocazione alla accoglienza dei popoli: è la sempre presente tentazione di lasciarsi sedurre dagli idoli della ricchezza, della potenza, della forza. “La sua terra è piena… senza limite… è piena… senza limite… è piena…”: agli occhi del profeta tutto questo cumulo non è abbondanza e benedizione, è arroganza insopportabile, orgoglio, superamento di ogni limite, è il modo con cui ci si riempie di tutto per dimenticare il proprio nulla, il proprio vuoto. Improvvisamente si rivolge lui stesso a Dio: “tu non perdonare loro!”, se ami il tuo popolo non lasciare che avvenga tutto questo, non passarci sopra, non abbandonarlo alla propria stoltezza! Isaia vede qui la sorte non solo di Israele, ma in esso dell’umanità intera: “l’uomo” (lett. Adàm!) sarà piegato, il mortale sarà abbassato. L’Adamo che si è inorgoglito pensando di mettersi al posto di Dio ha una chance di salvezza sperimentando l’abbassamento come strumento di purificazione e verità. Non solo: quella paura che aveva fatto nascondere Adamo al cospetto di Dio, ora diventa il modo con il quale può rendersi consapevole del proprio limite, della propria debolezza e dello “splendore della maestà” del Signore, perché tutto viene da Lui, e da Lui l’uomo in tutto dipende . Sarà attraversando questo salutare santo “terrore” che l’uomo potrà, oltre ogni alterigia, riscoprire la fiducia e la libertà di presentarsi davanti a Dio. Il giorno del Signore, giorno di vittoria contro i nemici, sarà il giorno in cui ogni superbia e vana esaltazione sarà abbattuta, il giorno terribile e glorioso in cui si sbriciola ogni costruzione di potenza e sopraffazione umana. Ancora Isaia, che ama gli “elenchi”, ci dà il cumulo di tutto ciò che simboleggia l’arroganza umana, l’ostentazione della forza e della ricchezza. Dio si leverà implacabile contro tutto questo. In quel giorno ognuno darà i propri idoli preziosi ai topi e ai pipistrelli in cambio delle loro abitazioni: crepacci delle rocce e spaccature delle rupi. Sembra una specie di sepoltura volontaria, un ritorno nel grembo della terra per ripartire dalla condizione oggettiva, mortale (“nelle sue narici non v’è che un soffio!”), senza alcuna pretesa, alcun merito da esibire, alcun potere da esercitare, per disporsi a ricevere da Dio in puro dono il perdono e la vita. Ripeterà Gesù: “chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato”.

 

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