Isaia 21,13-17
Oracolo nella steppa.
Nella boscaglia, nella steppa, passate la notte,
carovane di Dedan;
andando incontro agli assetati,
portate acqua.
Abitanti della terra di Tema,
presentatevi ai fuggiaschi con pane per loro.
Perché essi fuggono di fronte alle spade,
di fronte alla spada affilata,
di fronte all’arco teso,
di fronte al furore della battaglia.
Poiché mi ha detto il Signore: «Ancora un anno, contato alla maniera degli anni di un salariato, e scomparirà tutta la potenza gloriosa di Kedar. E il numero degli archi dei prodi di Kedar resterà molto esiguo, perché il Signore Dio d’Israele ha parlato».
La steppa, il deserto: solo le oasi sono luoghi sicuri dove abitare. C’è Dedan, da cui fuggono carovane di disperati in cerca di salvezza dalla violenza della guerra. C’è Tema i cui abitanti sono invitati non semplicemente ad accogliere i fuggitivi, ma ad andargli loro incontro nella boscaglia, nella steppa, in luoghi inospitali, in cui attraversare la notte minacciosa, ma è necessario per poter soccorrere chi porta in sé una sete che non sa a chi affidare. “Portate acqua”: in un deserto dove si muore, quello solcato dalle carovane dei profughi delle guerre e delle carestie, come quello delle grandi solitudini, dell’indifferenza, del dolore, della disperazione. Ci sono dei fuggiaschi che non hanno più una casa, un riparo, una protezione, e che hanno bisogno di pane, di nutrimento per la vita come del pane del perdono, della condivisione, dell’amicizia, della pace. Infine c’è una terza oasi, Kedar, con la cui “potenza gloriosa” afferma se stessa e si rifiuta di condividere, di andare incontro, di soccorrere; ci sono quelli che fuggono dagli “archi tesi” e coloro che tendono i loro “archi”, i “prodi”: ma lì non c’è futuro, perché “il Signore Dio d’Israele ha parlato”. Il futuro appartiene a quella oasi che si è disposti ad abbandonare per condividere il deserto dei fuggiaschi e portare loro l’acqua della vita e il pane del nutrimento e della comunione.