Isaia 38,1-8
In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Il profeta Isaia, figlio di Amoz, si recò da lui e gli disse: «Così dice il Signore: “Da’ disposizioni per la tua casa, perché tu morirai e non vivrai”».
Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò il Signore dicendo: «Signore, ricòrdati che ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro e ho compiuto ciò che è buono ai tuoi occhi». Ed Ezechia fece un gran pianto.
Allora la parola del Signore fu rivolta a Isaia dicendo: «Va’ e riferisci a Ezechia: “Così dice il Signore, Dio di Davide, tuo padre: Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco, io aggiungerò ai tuoi giorni quindici anni. Libererò te e questa città dalla mano del re d’Assiria; proteggerò questa città”. Da parte del Signore questo ti sia come segno che il Signore manterrà questa promessa che ti ha fatto. Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l’ombra sulla meridiana, che è già scesa con il sole sull’orologio di Acaz». E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso.
Alla narrazione della salvezza operata per Gerusalemme, miracolosamente liberata dalle minacce del re di Assiria per intervento celeste, si intreccia la vicenda personale della malattia e della prodigiosa guarigione del re Ezechia. Sembra non bastare l’evento di salvezza del popolo, se non passa attraverso l’esperienza biografica del re, e potremmo dire di ciascuno. L’esperienza è prima di tutto quella della propria fine, di toccare con mano la propria mortalità. E l’intervento del profeta non fa che confermarla: “tu morirai e non vivrai”. Non c’è parola più semplicemente e impietosamente vera. Eppure Ezechia non si rassegna, tutto in lui si ribella. Questa parola non gli basta, non può bastargli, ma è tutto ciò che il profeta ha da dirgli. Intorno a lui non c’è nessuno che ora possa ascoltarlo, che possa comprendere il suo dolore. Si volta verso il muro, non per sprofondare nella disperazione, ma per rivolgersi a Dio, per pregare il Signore. Nel momento in cui tutto sembra essere travolto dalla morte la preghiera di Ezechia al Signore è “ricordati!”. Nella sua preghiera solitaria, Ezechia, oltre le parole, non ha che da affidare le sue lacrime. E sono questa preghiera e queste lacrime a cambiare il cuore di Dio. Isaia è costretto a tornare indietro e a dire parole nuove: il Signore si è ricordato della sua alleanza con la casa di Davide, “ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime”. Parole segrete, lacrime nascoste, che solo il Signore ascolta, vede. Dirà Gesù parlando della preghiera: “Tu quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6). L’esaurimento della preghiera di Ezechia e la sua guarigione è un tutt’uno con la liberazione della città dalle mani del re di Assiria! Un unico evento di salvezza, personale e di popolo. Il segno è che la storia può essere riscritta, che la preghiera e le lacrime possono cambiare il cuore di Dio, che laddove la morte sembra avere l’ultima parola, il Signore può ricominciare a far germogliare la vita, che la misericordia alla fine prevale e che nulla è impossibile presso Dio.