Isaia 43,9-13
«Si radunino insieme tutti i popoli
e si raccolgano le nazioni.
Chi può annunciare questo tra loro
per farci udire le cose passate?
Presentino i loro testimoni e avranno ragione,
ce li facciano udire e avranno detto la verità.
Voi siete i miei testimoni – oracolo del Signore –
e il mio servo, che io mi sono scelto,
perché mi conosciate e crediate in me
e comprendiate che sono io.
Prima di me non fu formato alcun dio
né dopo ce ne sarà.
Io, io sono il Signore,
fuori di me non c’è salvatore.
Io ho annunciato e ho salvato,
mi sono fatto sentire
e non c’era tra voi alcun dio straniero.
Voi siete miei testimoni – oracolo del Signore –
e io sono Dio,
sempre il medesimo dall’eternità.
Nessuno può sottrarre nulla al mio potere:
chi può cambiare quanto io faccio?».
Per prima cosa è utile recuperare il versetto 8, che la scansione della lettura aveva lasciato insieme al brano precedente: “Fa’ uscire il popolo cieco, che pure ha occhi, i sordi, che pure hanno orecchi”. Il tema ancora una volta è quello del popolo cieco e sordo, alla cui condizione però il Signore non si intende rassegnarsi, perché lo invita a farsi incontro, a utilizzare quello che ha (occhi e orecchie), e quindi finalmente a vedere e ascoltare. L’invito ad uscire è un invito a lasciarsi convocare a giudizio, insieme agli altri popoli, perché sia Israele che le nazioni ammettano davanti a Dio la loro incapacità a conoscere e dominare gli eventi del mondo e della storia. La sfida a presentare testimoni di una loro presunta conoscenza e “adeguatezza” si trasforma in una testimonianza dell’unicità e sovranità Dio da parte dei popoli e in particolare di Israele, suo servo: sarà solo ammettendo il limite della propria conoscenza, la stoltezza della propria presunzione e arroganza, che tutti conosceranno, crederanno, comprenderanno la vera gloria di Dio, la consistenza unica del suo essere, il suo abbracciare interamente il tempo, il mondo, la storia, la sua prerogativa di unico vero salvatore: “Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà. Io, io sono il Signore, fuori di me non c’è salvatore”. L’ambientazione processuale della sfida, che dirime al tempo stesso la vera identità di Israele e dei popoli da una parte e di Dio dall’altra, ci riporta al grande movimento del Vangelo di Giovanni, che abbiamo percorso lo scorso anno, e che forse possiamo immaginare come particolarmente debitore anche di questi testi del “secondo Isaia” (Is 40-55): anche il Vangelo di Giovanni è dominato dalla consistenza nell’essere di Dio che abita la carne di Gesù (con tutti i suoi “Io sono” sparsi nel Vangelo: cfr. in particolare 18,6!) e comincia proprio con l’indicazione di un “testimone”, il Battista, di cui si sottolinea cosa ‘non’ è (“non era lui la luce” Gv 1,8). Anzi, quando subito nel Vangelo viene presentata la sua testimonianza, Giovanni per prima cosa confessa proprio questo: “non sono” (Gv 1,19-21)! E quando si trova a dover rispondere alla domanda “cosa dici di te stesso”, risponde citando l’inizio del nostro “secondo Isaia”: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore!” (Gv 1,23; cfr. Is 40,3!). Potremmo dire che la vocazione di Israele servo del Signore, indicata da questi brani di Isaia, si compie in un modo tutto speciale proprio nel “servo” testimone Giovanni Battista, che dice di Gesù: “Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me”, facendo risuonare le parole con cui oggi Dio dice di sé: “Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà… Voi siete miei testimoni – oracolo del Signore -e io sono Dio, sempre il medesimo dall’eternità”. Tutti convocati da Dio, oltre ogni insensata e indurita cecità e sordità, possiamo anche noi lasciarci vincere dalla consistenza gloriosa del suo “esserci” fedele, che porta a compimento la salvezza promessa, Lui che avvolge interamente il mondo e la storia tutta, come Mosè davanti al roveto (Es 3), e come Giovanni Battista davanti a Gesù, perché anche riconosciamo la nostra costitutiva fragilità e impotenza, e così diventiamo testimoni di Lui, della potenza inarrestabile del suo amore nella storia.