Collatio 29-1-2020

Isaia 45,18-25

Poiché così dice il Signore,
che ha creato i cieli,
egli, il Dio che ha plasmato
e fatto la terra e l’ha resa stabile,
non l’ha creata vuota,
ma l’ha plasmata perché fosse abitata:
«Io sono il Signore, non ce n’è altri.

Io non ho parlato in segreto,
in un angolo tenebroso della terra.
Non ho detto alla discendenza di Giacobbe:
“Cercatemi nel vuoto!”.
Io sono il Signore, che parlo con giustizia,
che annuncio cose rette.

Radunatevi e venite,
avvicinatevi tutti insieme,
superstiti delle nazioni!
Non comprendono quelli che portano
un loro idolo di legno
e pregano un dio
che non può salvare.

Raccontate, presentate le prove,
consigliatevi pure insieme!
Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo
e chi l’ha raccontato fin da allora?
Non sono forse io, il Signore?
Fuori di me non c’è altro dio;
un dio giusto e salvatore
non c’è all’infuori di me.

Volgetevi a me e sarete salvi,
voi tutti confini della terra,
perché io sono Dio, non ce n’è altri.

Lo giuro su me stesso,
dalla mia bocca esce la giustizia,
una parola che non torna indietro:
davanti a me si piegherà ogni ginocchio,
per me giurerà ogni lingua».

Si dirà: «Solo nel Signore
si trovano giustizia e potenza!».
Verso di lui verranno, coperti di vergogna,
quanti ardevano d’ira contro di lui.

Dal Signore otterrà giustizia e gloria
tutta la stirpe d’Israele.

Dopo aver celebrato la sovrana e insindacabile libertà di Dio, in nulla sottoposta alle leggi di necessità come alle categorie umane, e proprio per questo principio nella storia della liberazione del popolo e dei popoli da ogni schiavitù e mondana costrizione, il profeta dà nuovamente voce al Signore, creatore del cielo e della terra, perché sia affermato con chiarezza l’altro “principio” dell’agire di Dio che sta insieme alla sua libertà, e cioè la sua armonia ordinatrice e intellegibile. Il bene sommo verso il quale Dio sospinge la sua creazione nella storia è dunque possibile perché Dio agisce con libertà ma non con arbitrio. La sua libertà riapre sempre nuove possibilità perché è in grado di trasformare il male e le sofferenza, il limite e il fallimento, in momenti del cammino verso quel bene inteso e indefettibilmente perseguito fin dal principio. L’opera di creazione non è dunque solo affermazione della libertà di Dio, ma vittoria sul caos: “la terra era informe e deserta” (Gen 1,2). Proprio questo termine “informe”, che significa anche “vuoto”, ricompare qui, ai vv. 18 e 19: “…ha fatto la terra e l’ha resa stabile, non l’ha creata vuota… non ho detto alla discendenza di Giacobbe: cercatemi nel vuoto!”. Insomma, l’agire di Dio, a partire dalla sua creazione del cielo e della terra, è animato dalla volontà di un incontro con l’umanità, nella libertà e nel riconoscimento reciproco, dentro la “casa” ordinata, abitabile e sensata del mondo creato: “l’ha plasmata perché fosse abitata!”. La realtà nella quale siamo immersi non è dunque un rebus insolubile, un enigma sadico di un dio capriccioso. Certo Dio è “nascosto”, perché libero e imprendibile, ma è anche accessibile, già nelle opere di creazione, perché, liberando e salvando, rivela se stesso e il suo desiderio di incontro e di comunione con l’umanità. Cercarlo, dunque, non è inutile fatica destinata al fallimento, ma risposta ad un invito affidabile e credibile, che non inganna: “Io sono il Signore, che parlo con giustizia, che annuncio cose rette”. Per questo l’idolatria, con il suo cortocircuito di venerare l’opera delle proprie mani nell’inganno dell’auto-salvezza, è in contraddizione con questa vocazione all’incontro di tutta l’umanità con Dio. “Da molto tempo… fin da allora…” il Signore continua a indicare il fine di ogni cosa e di ogni vicenda della storia nella relazione libera di affidamento e di comunione con Lui, che solo può “salvare” dallo spazio chiuso e autoreferenziale di un mondo senza vocazione, perché senza alterità e relazione. Quindi davvero tutti sono chiamati, non solo il popolo eletto! “Volgetevi a me e sarete salvi voi tutti confini della terra!”. Se non ci sono altri dèi, e non c’è altra salvezza se non in Lui, Signore creatore di tutto e di tutti, allora non c’è uomo che non sia chiamato a “volgersi a Lui” e ad essere salvato. Certo è sempre possibile resistere a questa incessante volontà di Dio di stabilire con noi una relazione libera di comunione e di amore, e rimanere nella tristezza della chiusura e dell’auto-affermazione. Ma ormai il confine non è più etnico tra Israele e le genti: ora “tutta la stirpe di Israele” sono anche “tutte le famiglie della terra” (Gen 12,3!), tutti coloro che con la fede diventano “figli di Abramo” aprendosi alla salvezza di Dio, e ricevendo “giustizia e gloria”.

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