Isaia 51,1-3
Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia,
voi che cercate il Signore;
guardate alla roccia da cui siete stati tagliati,
alla cava da cui siete stati estratti.
Guardate ad Abramo, vostro padre,
a Sara che vi ha partorito;
poiché io chiamai lui solo,
lo benedissi e lo moltiplicai.
Davvero il Signore ha pietà di Sion,
ha pietà di tutte le sue rovine,
rende il suo deserto come l’Eden,
la sua steppa come il giardino del Signore.
Giubilo e gioia saranno in essa,
ringraziamenti e melodie di canto!
Per l’ennesima volta l’invito è ad ascoltare. L’abbiamo capito ormai: tutto parte ancora una volta e sempre da una parola, che Dio dice dentro le vicende della storia e di cui il profeta è testimone, offerta alle orecchie e al cuore di qualcuno (il servo, il popolo, le nazioni) che ascolti. Questa volta l’invito ad ascoltare è per “voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore”. Una parola che non è per chi ha già trovato e possiede, ma per chi è alla ricerca; e chiunque cerca la giustizia in questo mondo, e non semplicemente la sua comodità o il suo interesse, è il volto del Signore che sta inseguendo, e chi brama davvero il Signore non può non cercare, insieme agli uomini di buona volontà, la giustizia! A coloro che hanno questo orientamento profondo di ricerca nella loro vita è rivolto l’invito a ricordare da dove vengono, perché la loro ricerca non si perda, non desista, non si scoraggi: “guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti”. Non c’è futuro per chi non ha memoria; senza la consapevolezza della storia di salvezza che ci ha generato non è possibile protendersi verso la meta attraversando con pace e determinazione le difficoltà che incontriamo. Forse per questa mancanza di memoria tante nostre buone intenzioni si perdono e gli entusiasmi rimangono fuochi di paglia… C’è invece una roccia incrollabile, la paternità di Abramo, che sta a fondamento di ogni nostra speranza, ed una cava profonda, la maternità di Sara, che è il grembo che sostiene ogni nostro passo: siamo stati generati nella fede concreta di padri e madri che non hanno avuto paura della loro pochezza e aridità, ma hanno risposto con coraggio ad una chiamata, si sono fidati di una promessa di benedizione e fecondità che li ha messi in cammino. Anche se ora i nostri occhi vedono le rovine di Sion e un deserto di solitudine e di morte, sappiamo che è proprio questa la condizione di cui il Signore ha pietà: come ha saputo rendere feconda la “pietra” dei nostri padri, così ora può trasformare in giardino fecondo la nostra terra secca: “Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e melodie di canto!”. Non si canta in un mondo senza ascolto, senza memoria e senza speranza, perché il canto è il dono fatto ai poveri che confidano nel Signore e accolgono la salvezza non come loro conquista, ma come suo dono.