Isaia 50,10-11
Chi tra voi teme il Signore,
ascolti la voce del suo servo!
Colui che cammina nelle tenebre,
senza avere luce,
confidi nel nome del Signore,
si affidi al suo Dio.
Ecco, voi tutti che accendete il fuoco,
che vi circondate di frecce incendiarie,
andate alle fiamme del vostro fuoco,
tra le frecce che avete acceso.
Dalla mia mano vi è giunto questo;
voi giacerete nel luogo dei dolori.
Alle parole del servo segue ora un breve brano su di lui, una riflessione, che è anche un invito rivolto ai lettori: “chi tra voi teme il Signore, ascolti la voce del suo servo!”. Quella “lingua da discepolo” che il Signore gli ha dato, dopo avergli aperto l’orecchio con l’esperienza della sofferenza, è un’ancora di salvezza per tutti coloro che si trovano a “camminare nella tenebra, senza avere luce”, perché con la sua stessa vita testimonia una fiducia nel Signore nel tempo della tribolazione che sostiene la fede di chi si sente sfiduciato: “Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, confidi nel nome del Signore, si affidi al suo Dio”. E’ la fede, infatti, la vera luce nel nostro buio, la certezza della presenza fedele di Dio anche nell’attraversamento della notte: “anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me” (Sal 22,4). Aveva detto di sé più volte il servo nei versetti precedenti: “Il Signore Dio mi assiste!”. E così “Se dico: Almeno l’oscurità mi copra e intorno a me sia la notte”; nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (Sal 138,11-12): la luce di Dio non toglie di mezzo le tenebre ma le trasforma, perché in ogni notte c’è una cosa sempre possibile: ascoltare, e lasciarsi guidare verso ciò che gli occhi non possono vedere; come per i discepoli sul monte della trasfigurazione: “Venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!” (Lc 9,34-35). Oppure si può sfidare la tenebra costruendo una propria luce, che fatalmente assume le forme di un’aggressione: “Ecco, voi tutti che accendete il fuoco, che vi circondate di frecce incendiarie (si può tradurre anche con “fiaccole”)”. Torna alla mente la violenza dell’arresto di Gesù nella notte del Getsemani da parte dei soldati e delle guardie (“Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi”, Gv 18,3) e torna alla mente anche il timido intrufolarsi di Pietro attorno al fuoco di quegli stessi servi e guardie (“Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava”, Gv 18,18); dice il profeta: “andate alle fiamme del vostro fuoco, tra le fiaccole che avete acceso!”. Una notte senza fede ha il sapore amaro di un fuoco che non scalda ma alimenta solo le paure e di fiaccole che non illuminano se non gli obiettivi della propria brama e della propria violenza: l’esito è rimanere imprigionati in una solitudine diffidente e in un rancore senza volto: “voi giacerete nel luogo dei dolori”. La notte di Gesù è invece lo spazio dell’abbandono confidente e del dono di sé: nelle vostre notti, ascoltate Lui!