Isaia 51,17-23
Svégliati, svégliati,
àlzati, Gerusalemme,
che hai bevuto dalla mano del Signore
il calice della sua ira;
la coppa, il calice della vertigine,
hai bevuto, l’hai vuotata.
Nessuno la guida
tra tutti i figli che essa ha partorito;
nessuno la prende per mano
tra tutti i figli che essa ha allevato.
Due mali ti hanno colpito,
chi avrà pietà di te?
Desolazione e distruzione, fame e spada,
chi ti consolerà?
I tuoi figli giacciono privi di forze
agli angoli di tutte le strade,
come antilope in una rete,
pieni dell’ira del Signore,
della minaccia del tuo Dio.
Perciò ascolta anche questo, o misera,
o ebbra, ma non di vino.
Così dice il Signore, tuo Dio,
il tuo Dio che difende la causa del suo popolo:
«Ecco, io ti tolgo di mano
il calice della vertigine,
la coppa, il calice della mia ira;
tu non lo berrai più.
Lo metterò in mano ai tuoi torturatori
che ti dicevano: “Cùrvati, che noi ti passiamo sopra”.
Tu facevi del tuo dorso un suolo
e una strada per i passanti».
Ora è Gerusalemme che deve svegliarsi, alzarsi dalla sua condizione di prostrazione: la mano del Signore ha pesato su di lei, il suo castigo si è riversato interamente sulla città peccatrice, che ora non vede più futuro: i suoi figli non sono in grado di risollevarla, di condurla, di aiutarla a fare i passi concreti di ricostruzione di cui ha bisogno, perché sono anch’essi “sdraiati, privi di forze”, presi nei lacci delle loro paure. La condizione avvilita di Gerusalemme non è solo quella derivante dal suo castigo; ciò che la costringe a terra “misera” è ora anche la sua rassegnazione, il suo essere “ebbra”, cioè dipendente, quasi affezionata alla sua condizione prostrata, di vittima. Sono forse questi, dunque, i “due mali” che l’hanno colpita: non solo il castigo, ma anche la sua debolezza, il gusto amaro e disperante di continuare ad sentirsi vittima: “ti dicevano: curvati, che noi ti passiamo sopra. Tu facevi del tuo dorso un suolo e una strada per i passanti!”. Per questo l’azione di Dio è quella di chi si prende cura, con forza paterna e passione sponsale, di colei che non è più in grado di farlo per se stessa, strappando di mano a Gerusalemme “il calice della vertigine”, che è divenuto come una droga, emblema disperato cui aggrapparsi con masochismo, in un folle vortice di auto-distruzione. Basta! Ci sono io, qui, per te. Hai sofferto abbastanza. Non è questo il tuo bene e la tua vita, sì tu non sei capace di liberarti da sola, ma ti strappo io di mano lo strumento della tua umiliazione, e ora risvegliati alla tua dignità, rialzati e vivi all’altezza del tuo splendore e della tua bellezza!