Isaia 61,10-62,5
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.
Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
Dopo l’assicurazione del Signore di non abbandonare il suo popolo e di condurlo a pienezza (“concluderò con loro un’alleanza eterna!”), esplode il grido di gioia del profeta, che non sa trattenersi per le grazie che la parola divina gli svela e di cui già ora può rivestirsi: “mi ha rivestito delle vesti della salvezza…!”. Sono le parole che riecheggiano nel canto di Maria: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore!”. È come la gioia dello sposo e della sposa, che raggianti in tutto lo splendore della loro bellezza, adornati di gioielli e di dignità, si donano l’uno all’altro; è la gioia per una fecondità finalmente donata dal Signore, per una abbondanza di vita che trasforma la terra nel giardino della giustizia e della lode da lui voluto e atteso da tutta l’umanità sfinita. Il Signore sta per mostrare la bellezza perfetta di Gerusalemme, cioè dell’umanità redenta e santificata, ma il profeta sa di avere un compito ineludibile: tutta la sua esistenza e la sua missione è protesa, senza soste, a precedere, con la continua memoria delle promesse, l’aurora della giustizia di Sion e ad accompagnarla fino al suo pieno e sfolgorante splendore, perché le genti vedano e riconoscano in Lei che il Signore è fedele, che è possibile il dono di una umanità giusta, secondo Dio, rinnovata fin nel più intimo della sua identità (“ti si chiamerà con un nome nuovo!”; in tutta la bibbia lo si ritrova solo in Ap 2,17 e 3,12!), rivestita della sua vera bellezza. Una umanità splendente di gloria non per una sua propria perfezione raggiunta, ma in quanto “sposata”: una umanità che rinuncia ai percorsi desolati delle sue vie di autosalvezza, ma che si lascia amare e possedere dal suo Signore, che ritrova se stessa, il suo “nome nuovo”, nell’essere il compiacimento, la delizia di Dio, Lui che trova la sua gioia nel venirci a cercare, a trovare, a salvare, a farci entrare nel suo abbraccio e nel suo banchetto (Lc 15!), che trasforma la nostra città violenta e deserta in una festa di nozze tra di noi e con Lui, poiché egli di questo si compiace: che la nostra alleanza con Lui si compia in una nuova, più salda, incrollabile alleanza fraterna: la città santa.