Collatio 06-05-2020

Atti 5,12-16

Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.

Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.

Nella traduzione del primo versetto di oggi spariscono due termini interessanti e correlati fra loro: le “mani” degli apostoli attraverso le quali avvengono segni e prodigi, e la “unanimità”, il “sentire condiviso” con il quale tutti i discepoli stavano nel portico di Salomone. È bello invece cogliere il rapporto tra le “mani” operose ed efficaci degli apostoli e l’animo profondamente in sintonia della comunità, cui già diverse volte, in vari modi, gli Atti hanno fatto riferimento (1,14; 2,1-4; 2,44-47; 4,24; 4,32). Questa unità di intenti dei discepoli, questa comunione profonda di cuore e di anima, è il frutto di una perseveranza nella frequentazione e nella preghiera comune, nella ricerca insieme della volontà di Dio nelle Scritture, nella condivisione dei beni a favore dei più bisognosi, nell’esperienza della tribolazione e della persecuzione. Questa unità intensa dei credenti, continuamente da ritrovare e purificare (vedi il brano subito precedente…) è la forza soggiacente all’efficacia delle “mani degli apostoli”, che al tempo stesso la rigenerano. Questa “unione efficace” specifica e “separa” sempre di più il gruppo dei credenti in Gesù, che diviene, agli occhi degli abitanti di Gerusalemme, al tempo stesso attraente e pericoloso. È il “timore” di cui abbiamo già sentito nei versetti precedenti (5,11): il senso che questa gente è diversa, temibile e affascinante, per un amore condiviso e pieno di speranza, per una radicalità vissuta nella gioia. Per questo c’è anche la notizia contrastante sia di coloro che stanno alla larga sia di coloro che invece vi si associano, uomini e donne. Interessante la notazione “uomini e donne”: il vangelo sembra raggiungere tutti, dando a ciascuno la libertà di sentirsi chiamato e aderire, al di là delle convenzioni sociali e culturali. La comunità non è dunque il tappeto rosso delle nostre “belle figure”, in cui sfoggiare le nostre virtù e la nostra (falsa) generosità (l’abbiamo visto con Anania e Saffira!); è invece lo spazio accogliente della nostra debolezza, che finalmente può uscire dalla vergogna, ed essere risanata. L’ombra stessa di Pietro è segno della presenza di forza e di consolazione di Dio, come la nube che accompagnò Israele nella sua peregrinazione nel deserto, donando refrigerio e protezione, come l’ombra dello Spirito che con la sua potenza rese fecondo il grembo della Vergine (Lc 1,35), come la nube che coprì i discepoli sul monte della Trasfigurazione indicando il Figlio amato (Lc 9,34-35). La Parola di Dio continua a farsi carne nella vita degli apostoli e dei credenti in Gesù, rivestendoli di forza, di coraggio, di sempre più dilatata capacità di cura e di guarigione.

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