Collatio 30-6-2020

Atti 17,10-15

Allora i fratelli, durante la notte, fecero partire subito Paolo e Sila verso Berea. Giunti là, entrarono nella sinagoga dei Giudei.

Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalònica e accolsero la Parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così.
Molti di loro divennero credenti e non pochi anche dei Greci, donne della nobiltà e uomini.
Ma quando i Giudei di Tessalònica vennero a sapere che anche a Berea era stata annunciata da Paolo la parola di Dio, andarono pure là ad agitare e a mettere in ansia la popolazione.
Allora i fratelli fecero subito partire Paolo, perché si mettesse in cammino verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero là.
Quelli che accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l’ordine, per Sila e Timòteo, di raggiungerlo al più presto.

Non sono Paolo e Sila a decidere di partire, ma “i fratelli”, che dopo averli nascosti alla furia dei Giudei ora fanno in modo che possano dileguarsi di notte verso Berea. Come vedremo alla fine di questi versetti accogliere il vangelo significa imparare ad volersi bene, a prendersi cura gli uni degli altri. In questa logica non c’è qualcuno che comanda e gli altri che obbediscono, ma una sottomissione reciproca nella carità. Luca sottolinea che qui a Berea “erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica”: il termine corrisponde alla nobiltà d’animo, ad una coltivazione dell’umano che permette una più favorevole apertura al vangelo. Il seme della Parola è per tutti, ma il terreno dove cade fa la differenza: se il seme è accolto, mette radici e non è soffocato porterà frutto (cfr. Lc 8,5-15). Potremmo dire che quelli di Berea sono un esempio di “terreno buono”: “sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza” (Lc 8,15), perché non solo accolgono il vangelo con grande entusiasmo (“ricevono la Parola con gioia” dice Lc in 8,13), ma scavando nelle Scritture (qui si dice che “esaminavano ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così”) “mettono radici”, e se non si lasceranno soffocare da “preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita” (Lc 8,14) giungeranno al frutto di una vita cristiana pienamente dispiegata nella carità. Non è indifferente che tipo di umanità la Parola incontra! Anche qui c’è la sottolineatura della conversione di molte “donne della nobiltà” fra i Greci. A Berea dunque c’è una buona accoglienza, ma bisogna andarsene anche di qui, perché i Giudei di Tessalonica sembrano avere una vera e propria ossessione per i discepoli di Gesù: ne avevano sentito parlare prima che arrivassero da loro come “quei tali che mettono il mondo in agitazione”, li hanno cercati (invano) quando si sono resi conto che “sono venuti anche qua!”, e ora che sono spariti, ma hanno sentito che sono a Berea a predicare, si prendono la briga di raggiungerli per “agitare e mettere in ansia la popolazione” anche qui come avevano fatto a casa loro, a Tessalonica. Le cose vanno anche così: si vede che il cammino deve proseguire. E anche questa volta non sembra essere Paolo a decidere: “i fratelli fecero subito partire Paolo”. Ne ha prese già tante, e i fratelli cercano di difenderlo: è uno strumento troppo importante di predicazione del vangelo di Gesù, e bisogna averne cura, proteggerlo! Il vangelo genera dunque relazioni di cura reciproca: mentre i fratelli si preoccupano di Paolo, Paolo stesso si assicura che questa piccola comunità appena nata riceva almeno, per qualche tempo in più, il sostegno di Sila e Timoteo, che rimangono. Paolo lo ha ben capito: non basta seminare il vangelo, occorre accompagnarne la crescita perché porti frutto, e ci vuole tempo, pazienza, fedeltà. Per questo Paolo accetta a malincuore di partire solo, anche se giunto ad Atene affida ai fratelli che lo hanno accompagnato, una volta tornati a Berea, l’ordine per Sila e Timoteo di raggiungerlo: non può continuare da solo un’opera di evangelizzazione che può essere solo condivisa e testimoniata nella fraternità. Dunque questo cammino di discepoli può anche un po’ sorprenderci: non c’è menzione per esempio della “frazione del pane”, ma c’è tanta strada, ospitalità, parole annunciate, Scritture esaminate, persecuzione, fraternità, cura reciproca. C’è Parola e vita, in un dinamismo che mentre procede continua a intrecciare reti di fraternità.

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