E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».
Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
L’arrivo di Giuda, cui le parole di Gesù sembrano quasi aver dato il permesso (“mentre ancora egli parlava…”), corrisponde alla rottura definitiva del confine tra la cerchia dei discepoli e quella degli avversari (qui di nuovo menzionati al gran completo). Il segno di questa invasione della violenza sul corpo di Gesù è il bacio, e l’esito è una specie di ritorno nel caos, di de-creazione (cfr. il diluvio). La notte del tradimento diviene il regno dell’oscurità (cfr. Lc 22,53!), nel quale nulla è quel che sembra. Il bacio sulle labbra, gesto di fedeltà e di devozione da parte del discepolo nei confronti del maestro, si trasforma, con il tradimento, in un atto di invasione e di profanazione: “gli misero le mani addosso e lo arrestarono”. Un discepolo reagisce alla violenza con il colpo della spada, nel segno di un castigo che, violando l’integrità del servo, sfiora come un ammonimento divino lo stesso sommo sacerdote. Gesù è trattato come un brigante, lui che aveva denunciato come il tempio si fosse trasformato in “covo di briganti”: ed è insieme a due briganti che dovrà accettare di essere crocifisso. I discepoli, che avevano poco prima proclamato la loro fedeltà fino alla morte, abbandonano e fuggono. Solo Gesù, al centro di questa folla concitata, spaventata, violenta e menzognera, custodisce il senso di quel che avviene: ne denuncia la vigliaccheria (“ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato”), ma sa riconoscere e abbandonarsi con fiducia al dispiegarsi della volontà di salvezza di Dio: “Si compiano dunque le Scritture!”. Nessuno sa davvero quel che sta facendo se non lui, vittima e al tempo stesso segreta guida degli eventi. Ora Gesù, in questo sconfinamento violento dei limiti e del senso delle cose (nel suo corpo baciato, violato, afferrato, incatenato, e nei due “corpi sociali” – discepoli e folla – che a partire da Giuda si mescolano e non si riconoscono) lascia lo spazio di intimità con i discepoli e viene consegnato ai capi. Un piccolo episodio fa da passaggio a questa seconda parte del racconto della passione: il giovane vestito solo di un lenzuolo che cerca di seguirlo, viene afferrato e nudo fugge via. In tutto il vangelo di Marco c’è un solo altro giovane: lo troveranno le donne, questa volta “vestito di una veste bianca”, la mattina della risurrezione seduto nel sepolcro. Se il “giovane” è una allusione al catecumeno (il vangelo di Marco probabilmente è stato scritto per essere recitato per intero nella notte di Pasqua nella comunità cristiana di Roma, durante la quale si celebravano i battesimi) allora la scena che Marco ricorda di quella notte è anche una “strizzatina d’occhio” al suo uditorio, e in particolare ai catecumeni, anch’essi vestiti di un lenzuolo, e pronti per entrare nudi nelle acque del battesimo, per seguire Gesù nella sua morte per una vita nuova. In ogni caso è così potente l’immagine di questo giovane che indica al lettore del vangelo e a noi la nudità (per essere spogliati delle nostre sicurezze, dei nostri schemi, dei nostri sistemi di auto-salvezza, dei nostri propositi), quella nudità necessaria per entrare nella morte e risurrezione di Gesù.