Collatio 6-11-2018

Matteo 26,6-13

Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, gli si avvicinò una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre egli stava a tavola.

I discepoli, vedendo ciò, si sdegnarono e dissero: «Perché questo spreco? Si poteva venderlo per molto denaro e darlo ai poveri!». Ma Gesù se ne accorse e disse loro: «Perché infastidite questa donna? Ella ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me. Versando questo profumo sul mio corpo, lei lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto».

L’episodio di oggi è tra i più intensi e suggestivi del vangelo. C’è qualcosa che va così oltre i limiti della stretta ragione e della asciutta morale, da toccarci con la sua potenza e affascinarci con la sua grazia senza che neppure sappiamo esattamente il perché. Il gesto della donna senza nome, nella casa di Simone il lebbroso a Betania, è così eccessivo e sensuale da consegnarci in un attimo tutto il vangelo come pura e sconvolgente storia d’amore. Qui c’è tutto, c’è addirittura quel che ancora deve avvenire (la sepoltura di Gesù), e i discepoli non possono che rimanere spiazzati, sconcertati, infastiditi da questo “troppo”. Gesù l’aveva detto che alla fine il giudizio sarà per come ci siamo comportati verso di Lui (“avevo fame e mi avete dato da mangiare…”) presente in tutti i suoi fratelli più piccoli. E ora in questo gesto di amore e di onore, di spreco, Gesù riconosce una “opera buona” verso di lui. Ora niente sarà più come prima. Tutto il racconto della passione, morte e risurrezione, avrà come centro la sua persona, il suo corpo spezzato, offerto sepolto e vivificato nell’amore. Qui c’è il cuore incandescente e irriducibile del vangelo, il suo paradosso, il suo scandalo anche per i discepoli: tutto si concentra, si compie in Gesù, nella sua persona, nella sua umanità, nel suo stesso corpo. La donna senza nome non ha privato i poveri di una generosa offerta, ha dato un volto, una dignità, una bellezza senza tramonto a tutti i poveri. I discepoli non potranno più “fare del bene”, ma in ogni cosa e in ogni persona, e soprattutto in ogni povero amare e onorare il loro Signore, che per amore ha offerto se stesso senza riserve: “prendete e mangiate, questo è il mio corpo” (v.26). Per questo Gesù vuole che come il gesto dell’eucarestia sia in memoria di Lui, così il ricordo di questo gesto sia, “dovunque sarà annunciato il vangelo, nel mondo intero, in memoria di lei”. La donna senza nome, da innamorata, ne ha fatto “una questione personale”, e così ha penetrato il segreto del vangelo: tutto è in Te.

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