Collatio 14-12-2018

2 Tessalonicesi 3,1-5

Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.

Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Come al primo capitolo Paolo aveva fatto seguire al ringraziamento per i Tessalonicesi (1,3) una preghiera per loro (1,11) – nel modo consueto con cui Egli dà inizio alle sue lettere – così ora, dopo aver di nuovo ringraziato, riprende anche il tema della preghiera, questa volta non come sua preghiera per loro, ma come richiesta di preghiera da parte loro per Lui e i suoi collaboratori. Non c’è nulla che si possa intraprendere e portare a compimento senza la preghiera. E c’è bisogno che anche la missione di Paolo sia accompagnata dalla preghiera dei cristiani di Tessalonica: essi sanno di essere una “primizia” (cfr. 2,13!) e che quindi la loro fede è l’inizio di una chiamata che riguarda altri. Per questo occorre pregare perché, come è tra di loro, anche presso altri la Parola del Signore corra e sia glorificata, cioè sia creduta e manifesti la sua potenza di salvezza. Quel che si oppone alla fede, anche all’interno delle comunità, è il persistere in una condizione di cattiveria che è legata all’essere “fuori posto” (così letteralmente, tradotto con “corrotti”), cioè fuori da quel luogo di salvezza che è il Signore stesso e il suo amore (cfr. Gv 15,1-17!). Certo la fede è un dono e un segno per tutti e non è di tutti. Anzi è propriamente solo di Dio, che è “fedele”, e può confermare i credenti e proteggerli dagli inganni del Maligno. Credere è appunto in definitiva abitare quel “luogo” che è il Signore, avvolti, prevenuti, guidati dalla sua grazia, dal suo operare, dalla sua presenza. Per questo tutto avviene nella preghiera, respira di essa. E per questo Paolo è fiducioso per i Tessalonicesi, per la loro obbedienza e la loro perseveranza, perché non viene da loro, ma da Dio. Credere è lasciarsi continuamente e sempre nuovamente guidare da Lui, che è il grande protagonista della vita dei credenti. Ancora Paolo fa riferimento ai “cuori” dei cristiani (come già appena prima in 2,17): cuori non più in balìa delle proprie passioni passeggere e degli inganni del Maligno, ma guidati con sicurezza alla esperienza rinnovata dell’amore di Dio e della obbedienza mite e fiduciosa di Gesù. Il Signore sia la guida e il pastore dei nostri cuori, come preghiamo con il Salmo (23): “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni“.

 

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