Isaia 14,22-27
«Io insorgerò contro di loro– oracolo del Signore degli eserciti –,
sterminerò il nome e il resto di Babilonia,
la prole e la stirpe – oracolo del Signore.
Io la ridurrò a dominio del riccio, a palude stagnante;
la spazzerò con la scopa della distruzione».
Oracolo del Signore degli eserciti.
Il Signore degli eserciti ha giurato dicendo:
«In verità, come ho pensato, accadrà,
e come ho deciso, succederà.
Io spezzerò l’Assiria nella mia terra
e sui miei monti la calpesterò.
Allora sparirà da loro il suo giogo,
il suo peso dalle loro spalle sarà rimosso».
Questa è la decisione presa per tutta la terra
e questa è la mano stesa su tutte le nazioni.
Poiché il Signore degli eserciti
lo ha deciso; chi potrà renderlo vano?
La sua mano è stesa, chi gliela farà ritirare?
Le Scritture, ed Isaia in un modo tutto speciale, sono la testimonianza della fede come storia di salvezza di un popolo, che cresce nella consapevolezza dei modi con cui Dio lo guida in tutte le sue vicissitudini. Isaia ci sta progressivamente accompagnando in questo senso profondo e ampio, in cui trovare anche il significato della nostra personale vicenda. Come ci ricorda spesso papa Francesco, “Dio salva un popolo”. E il popolo salvato conosce il senso della propria storia come cammino in cui il Signore ha condotto misteriosamente ogni cosa al bene, anche il male, il peccato, la morte. Israele sa che la mano stesa del Signore su di lui nel castigo terribile della distruzione per mano degli Assiri non lo ha annientato perché c’è un germoglio, una radice santa, un resto, inizio di un nuovo popolo fedele, obbediente, umile e povero. E che anche la spaventosa minaccia di Babilonia non sarà per la morte, ma attraverso una morte per una storia nuova, di consolazione, di salvezza, di liberazione. Allora l’oracolo di Dio (ripetuto tre volte in questo versetto) e la sua irrevocabile decisione di distruzione verso Assur e Babilonia non è solo una notizia di liberazione e di gioia per Israele. È la certezza che anche questi popoli sono guidati da Dio, anzi che su tutti i popoli si stende la mano del castigo, perché possano conoscere una storia nuova, non più nell’orgoglio e nella violenza, ma nell’umiltà, nel riconoscimento di Dio e nella pace. Quel che accadde all’Assiria “nella mia terra e sui miei monti” non fu certo un disastro, ma una piccola battuta d’arresto, una ritirata strategica, un inconveniente passeggero, eppure Isaia lo descrive con termini gravi: “Io spezzerò l’Assiria… la calpesterò!”: i monti e la terra che videro Israele castigato, sono ora lo scenario per il castigo dell’Assiria; le nazioni entrando in contatto con Israele misteriosamente ne condividono la sorte, e se vivono lo stesso castigo sono destinate alla stessa promessa di salvezza! “Questa è la decisione presa per tutta la terra e questa è la mano stesa su tutte le nazioni!”. Israele offre a tutti i popoli questa chiave di “interpretazione pasquale” della storia: non c’è distruzione e morte, che non nasconda la mano di Dio per una vita nuova secondo la sua volontà, secondo la sua imperscrutabile decisione di salvezza per amore.