Collatio 10-5-2019

Ebrei 4,8-13

Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. Dunque, per il popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico. Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie.

Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza. Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

A proposito di riposo e di settimo giorno, ecco allora il collegamento che la lettera fa con il “riposo sabbatico”, il comando che Dio dà al suo popolo nella terza delle Dieci Parole sul Sinai: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro” (Es 20,8-11). Il comando è la promessa che non fu adempiuta da Giosuè e che, attraverso il Salmo, attende un pieno compimento. Allora è Gesù, il nuovo Giosuè (in realtà in greco i due nomi sono lo stesso identico nome!), colui che per primo è entrato nel riposo di DIo, dopo aver compiuto l’opera che gli era stata affidata (cfr. 1,3!): si entra nel riposo e nella gioia di DIo nella misura in cui si condivie il suo giogo dolce, il suo peso leggero, la responsabilità della sua opera (cfr. Mt 11,28-30 e 25,21!). Ogni sabato il popolo di Dio si ricorda che è il fine della sua fatica e del suo lavoro è entrare nel suo riposo di Dio, gioire con Lui e con i fratelli nella festa di un mondo riconciliato, come tutta la creazione attende (Rm 8,19-23). Ed è quindi per bellezza di questa festa di tutto e di tutti che si torna con nuova sollecitudine al nostro lavoro quotidiano. Per questo il lavoro è una obbedienza e allo stesso modo lo è il riposo, celebrazione della comunione con Dio, con i fratelli e con tutta la creazione. Per i cristiani quel giorno si è compiuto definitivamente in Gesù, ed entrare nel riposo non significa più celebrare il sabato, ma, attraverso la fede, partecipare alla sua condizione di risorto, di inizio del mondo nuovo, nel giorno che non ha tramonto. E così come il popolo di Israele non volle entrare nella terra perché all’annuncio degli esploratori indurì il suo cuore e ebbe paura della spada dei suoi abitanti (“Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada?”; Nm 14,2-3!), così ora, per quanti intendono “affrettarsi a entrare nel riposo” si tratta di affrontare quella spada che è “la Parola di Dio viva ed efficace”, che come allora lo fu per Israele, oggi è per noi lo strumento affilatissimo nelle mani di Dio per svelare la verità del nostro cuore: paura e indurimento o fiducia e ascolto? Il deserto è il luogo in cui Dio parla al cuore del suo popolo (Os 2,16): “Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi” (Dt 8,2). È così che, come dice il Salmo, la prova diventa il luogo dell’ascolto di Lui, dove il cuore è tentato di indurirsi e scoraggiarsi, ma dove anche nella misura in cui accetta di lasciarsi trafiggere, come Gesù, dalla Parola è reso sempre più partecipe dell’operare di Dio per un mondo rinnovato e del riposo vero nella festa del suo amore.

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