Ebrei 10,1-4
La Legge infatti, poiché possiede soltanto un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici – sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno – coloro che si accostano a Dio.
Altrimenti, non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che gli offerenti, purificati una volta per tutte, non avrebbero più alcuna coscienza dei peccati? Invece in quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati. È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati.
La Legge non possiede “soltanto” (è un’aggiunta un po’ tendenziosa della versione italiana…), ma davvero “l’ombra dei beni futuri”: quei beni che sul monte Dio ha mostrato a Mosè e sulla base dei quali ha edificato il santuario terreno. Tutto il culto antico è l’ombra visibile del santuario celeste. Mentre in Gesù abbiamo la realtà, anzi, letteralmente, la “icona”, il volto. Potremmo dire che mentre le Legge è la “silhouette”, perché ci dà, come un’ombra, i “contorni” dei beni futuri, Gesù invece ne è il volto, che è il volto del Padre (Gv 14,9). E, come sono i contorni, la Legge ci indica qualcosa di quella realtà, soprattutto traccia la linea di confine: si fa così. E questo è il grande dono della Legge, che in attesa del Volto ci ricorda il nostro peccato, il nostro limite davanti alla santità di Dio, il nostro “non essere tutto” e così pone un confine alla nostra avidità, alla nostra spietatezza, al nostro orgoglio. Ma finché non si rivela il Volto l’opera della Legge rimane una indicazione, una “procedura”, una attesa, che non può “condurre a perfezione”. Essa stabilisce una “regola”: tutto deve tornare a Dio; ma non è in grado di realizzare ciò che prescrive, non certo con “il sangue di tori e di capri”. Perché tutto torni a Dio occorre una purificazione dai peccati che tocchi la coscienza e la trasformi, che la sintonizzi con il cuore di Dio. Ma i sacrifici antichi non fanno che rinnovare il ricordo dei peccati e non sanno andar oltre. Avevamo sentito (in 8,10-12) come Geremia aveva preannunziato l’alleanza nuova: “E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore! Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati” (Ger 31,33-34). Solo l’offerta di Gesù, nella libertà dell’amore, tocca i cuori e li trasforma; qui non c’è più spazio per “la memoria dei peccati” perché tutto è riempito della memoria di Lui: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me!” (Lc 22,19); di Lui che dice: “questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28). E quindi tutto può davvero diventare rendimento di grazie, offerta libera, restituzione di amore. Solo così la coscienza è purificata.