Ebrei 10,26-31
Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.
Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto peggiore castigo pensate che sarà giudicato meritevole chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza, dal quale è stato santificato, e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? Conosciamo infatti colui che ha detto: A me la vendetta! Io darò la retribuzione! E ancora: Il Signore giudicherà il suo popolo. È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!
Siamo ora giunti ad una delle pagine più severe del nuovo testamento. Il dono immenso di Gesù che si offre liberamente e per amore, esige una risposta altrettanto piena e irrevocabile da parte di coloro che credono in Lui. “Voler peccare” è per la lettera agli Ebrei contraddire il perdono. E il peccato è questo: rifiutare quella salvezza che hai sperimentato. “Riconoscere la verità” è fare l’esperienza di una vita toccata dalla grazia, liberata dalla paura e dalla schiavitù, nella gratitudine e nella lode per il dono di Gesù. Buttare via tutto questo, ritenendolo un inganno, un trucco “psicologico”, una suggestione, e tornare “volontariamente” nella paura significa non dare alcun valore alla morte di Gesù, al dono del suo Spirito (cfr. Mc 3,18-30!). Se la tua fede non è solo una abitudine, una costruzione culturale, un riferimento valoriale, ma è l’accoglienza consapevole dell’amore di Gesù per te, di Lui che ha dato la vita per te, allora scegliere per te una vita senza di Lui, rinchiusa nuovamente nella paura della morte e del giudizio, è gettare via l’offerta suprema e irrevocabile dell’amore che ti salva. E allora non c’è più niente altro. Chi ancora non ha conosciuto il suo amore, può ancora sperare, magari nell’implicito segreto del suo cuore, di essere strappato dal non senso, dalla solitudine, dal male e dalla morte. Ma chi ha conosciuto l’amore di Gesù, l’ha sperimentato e poi l’ha rifiutato, ha considerato “profana”, cioè puramente umana e quindi inefficace e inutile la sua offerta, è come se tornasse nella paura, ma questa volta senza più alcuna speranza: “rimane soltanto una terribile attesa del giudizio… è terribile cadere nelle mani del Dio vivente!”. Ma noi sappiamo che “non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù… e voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!»” (Rm 8,1.15).