Ebrei 11,4-7
Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, avendo Dio attestato di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
Per fede, Enoc fu portato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Infatti, prima di essere portato altrove, egli fu dichiarato persona gradita a Dio. Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano.
Per fede, Noè, avvertito di cose che ancora non si vedevano, preso da sacro timore, costruì un’arca per la salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e ricevette in eredità la giustizia secondo la fede.
Abele, Enoc e Noè: ecco i primi tre testimoni della fede citati dall’autore della lettera prima del padre Abramo. Innanzitutto Abele, la prima vittima della storia, la cui offerta è gradita perché fatta con fede; egli con la sua morte non è azzittito: continua a proclamare una vita al di là della morte, per la fedeltà di Dio che di lui si compiace. È il suo sangue che parla (Dio in Genesi 4,10 dice a Caino: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”); più avanti, in 12,24, la lettera dirà che il sangue di Gesù “è più eloquente di quello di Abele”! Poi Enoc, anche lui con una vicenda un po’ particolare legata alla sua morte o, meglio, alla sua “morte mancata”; dice Genesi: “Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l’aveva preso” (Gen 5,24). La fine della sua vita, tutta vissuta in unione con Dio (per due volte Genesi dice che “camminò con Dio”), è avvolta nel mistero di un passaggio interamente nelle mani di Dio, senza la mediazione della morte: la lettera sembra dire che il suo essere “preso” da Dio è il segno del suo essere a Lui gradito. Ed è questo che a Lui piace: la fede, come un “camminare con Dio”. Un cammino nella certezza di Lui (“chi si avvicina a Dio deve credere che egli esiste”) e nella ricerca quotidiana del suo volto, ricerca che sarà ricompensata: la ricompensa è che il Signore viene incontro a chi lo cerca! Infine Noè, anch’egli in qualche modo legato ad una vicenda di “morte trasformata”: Abele in sacrificio, Enoc in rapimento, Noè in salvezza. Per la fede di Noè in ciò che il Signore gli fa intendere senza ancora poter vedere, il diluvio è trasformato da evento di distruzione e di morte, in occasione di salvezza e di rigenerazione per una umanità nuova. Il mondo autosufficiente e violento è condannato dalla semplice fede di Noè, dal suo affidarsi a Dio e alle sue promesse, per divenire erede di un mondo rinnovato: quello che Dio con la sua parola anche a noi già fa intuire e verso il quale ci fa camminare e operare. Quale arca il Signore ci sta chiedendo ora di costruire, con la sollecitudine della fede, in vista del mondo nuovo?