Collatio 19-6-2019

Ebrei 11,32-35a

E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti;

per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riebbero, per risurrezione, i loro morti.

Manca persino il tempo per narrare tutte le storie di fede, perché il mondo ne è pieno (cfr. Gv 21,25!). Le Scritture sono custodia e testimonianza dell’infinita ricchezza e molteplicità con cui il Signore stesso opera nel mondo attraverso coloro che a Lui si affidano. Divenire per la fede destinatari di una promessa che ci rende “stranieri e pellegrini” in cammino verso il Regno, non ci rende, paradossalmente, più distaccati, deresponsabilizzati, evanescenti nel mondo, ma anzi ricolmi di un vigore spirituale che ci permette di combattere, di faticare, di lasciare il segno, con coraggio e con fiducia. La fede non è un’etichetta religiosa per poi occuparci del mondo complici delle sue logiche di paura e di potere, ma non è neppure un’alibi spirituale per disinteressarci degli altri e della storia, in un riferimento al “cielo” che nasconde le nostre paure ed egoismi. I credenti sono un popolo diretto al cielo, e quindi così libero “dal” mondo da poter lasciare “nel” mondo, senza paura, l’impronta profonda del suo camminare con fede. La fede è uno spazio di debolezza e povertà che ospita le possibilità nuove dell’agire di Dio (solo i poveri sanno che “ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio” cfr. Lc 18,24-27)! I versetti si concludono con un riferimento alle donne… Elia (1Re 17) ed Eliseo (2Re 4) furono i protagonisti di quelle risurrezioni, ma qui curiosamente si sottolinea che fu per la fede di quelle donne che si compirono. È bello qui scoprire il legame tra le donne e “i loro morti”, come se gli “appartenessero”, in un dolore fedele e inconsolato che rimane oltre la morte (1Re 17,18; 2Re 4,27-28; Ger 31,15; Gv 20,11-15), ma che per fede diviene luogo di nuova vita; la risurrezione è “relazione”: non è “rivivere”, ma “essere restituiti” a qualcuno (1Re 17,23; 2Re 4,36; Gv 20,16-17)!

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