Ebrei 11,35b-40
Altri, poi, furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia.
Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
La lunga carrellata dei testimoni della fede che prepara il tempo del compimento in Gesù si conclude con un riferimento ai martiri e a tutti coloro che per la loro fede patirono persecuzione, povertà, emarginazione. I credenti non furono innocui portatori di un vago senso religioso, buono per dare un tocco “spirituale” a qualsiasi minestra del mondo. Furono, come Mosè, i testimoni di un’alternativa radicale alle logiche del potere e della violenza, in cammino verso la vita “restituita” da Dio nella risurrezione, e per questo non si lasciarono ricattare dalle minacce o dalle prevaricazioni. Non scelsero una vita di rinunce per amore di sofferenza, o per espiazione, ma per prepararsi a ricevere ben altra ricompensa, che il mondo non poteva conoscere, e a riceverla insieme a noi, discepoli di Gesù. Di generazione in generazione, anche con grandi sacrifici, i credenti hanno atteso la promessa, quella che ora in Gesù ci è donata. Quanto è grande e preziosa la grazia di cui siamo fatti partecipi immeritatamente! Gesù “rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!»” (Lc 10,23-24).