Giovanni 1,1-5
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Quando l’evangelista si appresta a consegnare ad un testo la sua esperienza di Gesù sa che non può più limitarsi, come gli altri, al racconto. Ha bisogno di una parola “altra”, ha bisogno di poesia. Quella storia di Gesù con i suoi, si è ormai sedimentata in una vita della comunità cristiana, guidata dallo Spirito del Risorto, che ha riconosciuto in Lui, sempre più chiaramente, qualcosa di così unico e immenso da riguardare tutto e tutti, da riguardare il volto stesso di Dio (cfr. 1Gv 1,1-4!). Dio in Gesù ha detto e si è detto in modo così decisivo e definitivo (Eb 1,1-2) da sollecitare, per tutte le generazioni future, una inesausta ricerca e scoperta del senso più vero di ogni cosa (Gv 16,12-15). Un dire di Dio, un significare, un illuminare, che è un comunicarsi esondante della stessa propria sovrabbondanza di essere, di vita, di luce. In Gesù il discepolo-evangelista ha trovato il senso che sta al “principio”, cioè non semplicemente all’inizio, ma in quel grembo che dà origine a tutto e tutto sempre rinnova e trasforma e porta a pienezza. È un principio parlante, pieno di senso, di presenza in Dio (“presso/verso Dio”), un “colloquio”, una divina con-versazione. Allora tutto riprende la propria consistenza vera: Gesù è il Verbo-parola-senso-comunicazione di Dio dal quale ogni cosa riceve esistenza. Esistenza che in lui continuamente riceve vita, il movimento interno delle creature, vita che negli uomini diviene luce, consapevolezza, verità. Luce insopprimibile e infine vittoriosa sulle tenebre del caos, della menzogna, dell’isolamento, del non-senso. A partire da quella storia unica e marginale per il mondo dei discepoli con Gesù, ora, davvero, ogni cosa è illuminata. E la generosità dell’evangelista, il suo sforzo di “mettere parole” all’esperienza del Verbo, ci consegnano il grande “Vangelo di Giovanni”, come testimonianza “dal di dentro”, come esperienza di fede, di Gesù, “terra santa” in cui il fuoco divino arde senza consumarsi e che ci impone di cominciare questo nuovo cammino togliendoci i sandali delle nostre inerzie, dello scontato, del risaputo, del nostro vano orgoglio e della nostra stolta presunzione. Pronti a ricevere grazia.