Giovanni 5,1-9a
Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Per la seconda volta, in occasione di una non meglio precisata “festa dei Giudei” (in ogni caso un importante celebrazione liturgica di Israele), il vangelo narra di una salita di Gesù a Gerusalemme. Ma a differenza di quella narrata in 2,13 in occasione della Pasqua, qui Gesù non entra direttamente nel tempio ma si reca alla piscina di Betzatà, sotto i cui cinque portici (un rettangolo diviso nel mezzo con due vasche collegate) sono “buttati a terra un mucchio di malati” (così letteralmente). Forse possiamo immaginare che l’incontro a Cana con il dolore e la paura del funzionario regio per il proprio figlio malato a morte abbia aperto a Gesù il dramma della malattia, che rimarrà un tema importantissimo per seguito del vangelo. Quell’uomo lo aveva supplicato “scendi!”. E ora Gesù si fa incontro a questa umanità sofferente, ai margini di una festa alla quale non possono partecipare, perché la loro condizione li rende impuri secondo le prescrizioni rituali, e non possono entrare nel tempio. E’ lì che Gesù si reca, prima di fare il suo ingresso nel tempio. E lì trova, tra gli altri, un uomo con una lunghissima storia di malattia, trentotto anni, come gli anni della peregrinazione di Israele nel deserto prima di poter entrare, rinnovato, nella terra promessa da Dio (cfr. Dt 2,14). Gesù interrompe la lunga attesa di quest’uomo con l’ora dell’incontro nuovo e gratuito: “vuoi guarire?”; la risposta dell’uomo si limita a denunciare la propria impotenza, solitudine, sfinimento: “Non ho nessuno”. A questo punto, non per una richiesta di quell’uomo, ma per un atto sovrano e libero, Gesù gli intima di mettersi in posizione eretta, di prendere su il lettuccio, e di camminare, ed è per questa unica potente parola di Gesù che “all’istante quell’uomo guarì”. Un dono di guarigione non richiesto, non mediato dall’acqua prodigiosa della piscina, non propiziato dalla fede di quell’uomo, che comunque obbedisce al comando. Nella persona di Gesù, e per la potenza della sua parola, semplicemente è giunta l’ora, il tempo lungamente atteso, la grazia di una guarigione che reintegra nel popolo santo, l’ingresso nella casa di Dio, la vittoria sull’impotenza della debolezza e della solitudine.