Collatio 06-09-2019

Giovanni 8,48-53

Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?».

Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».

La risposta dei Giudei è: “non abbiamo forse ragione noi…?”. Gesù ha osato mettere in dubbio la loro relazione con Dio, e questo è troppo: la reazione è la delegittimazione religiosa, anzi l’accusa di non essere un autentico Israelita, di avere una provenienza impura (Samaritano!), di essere indemoniato; tutto pur di non accettare di mettere in discussione la propria posizione, l’immagine presentabile di sé. Gesù non molla; potremmo dire: Gesù non li molla: continua a testimoniare la verità della propria relazione con il Padre, sulla quale non può cedere se non a prezzo di “disonorarlo” come loro stanno disonorando lui non riconoscendolo. Disonorare, giudicare: è l’atteggiamento di chi pur di cercare (disperatamente) di salvare la propria onorabilità, il proprio prestigio, rinuncia alla verità. Gesù preferisce invece mettere in gioco la propria persona, fino al disonore, al rifiuto, alla morte, pur di testimoniare la verità della sua relazione con il Padre. E questo non per un autoreferenziale “dovere di coerenza”, ma per offrire fino in fondo quell’abbraccio di vita con cui in lui il Padre vuole raggiungere ogni uomo; appunto, Gesù non li molla; Gesù ci tiene a sottolinearlo con forza, ancora una volta: “in verità, in verità io dico a voi, se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno!”. La possibilità è sempre ancora aperta: c’è un’offerta di vita in pienezza per chi ascolta e osserva la sua parola. Ma a questa nuova, paziente, incrollabile offerta di vita da parte di Gesù, i Giudei oppongono il loro “orizzonte religioso senza fede”, e quindi dominato dal limite insuperabile della morte (per ben due volte ci tengono a ripetere che Abramo e i profeti “sono morti”!); l’eredità di Abramo e dei profeti è tra le loro mani una tradizione da conservare, un simulacro identitario, un riferimento inerte, che non permette loro di riconoscere nel “qui e ora” la presenza di Colui che porta a compimento le speranze ormai irrigidite in abitudini e rituali, l’offerta di salvezza e di vita di Colui che adempie le promesse, di Colui che, oltre gli orizzonti ristretti e soffocanti del mondo, ci fa contemplare un “cielo aperto” (1,51) perché ci testimonia il volto del Padre, mistero di amore. “Chi credi di essere?”.