Giovanni 14,22-26
Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
La gloria di Gesù non si manifesta dall’esterno, non si impone come un’evidenza mondana davanti alla quale semplicemente prendere atto, non costringe, ma si dona all’interno di una relazione di amore. “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là; perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,21). Non è possibile ricevere la rivelazione del volto filiale di Gesù se non “dall’interno”, in una relazione personale di amore con Lui che implica l’obbedienza all’amore fraterno, che introduce alla conoscenza dell’amore stesso del Padre e che fa spazio alla presenza in noi del dimorare del Padre e del Figlio. Non è la rivelazione di una dottrina, di un contenuto, di una conoscenza teorica: è la partecipazione, nell’amore e nell’obbedienza al comando di Gesù, alla circolarità di amore del Padre e del Figlio. È la conoscenza dell’amore, che non si spiega, e che solo chi ama comprende. Ed è l’introduzione ad una relazione che non è più semplicemente con l’umanità di Gesù, ma con la sua intimità filiale: ascoltare la sua parola non è più per i discepoli ascoltare la parola del loro rabbi, ma ascoltare la parola stessa di Dio. E la parola di Dio non è incatenata nella materialità delle parole umane e dei loro contesti, non si esaurisce nella “carne” delle parole umane che Gesù affida ai suoi; è in quelle concretissime, storiche parole che Gesù dice e che i Vangeli ci consegnano, che la Parola di Dio si comunica, ma proprio perché è Parola di Dio ha un’efficacia che vibra per opera dello Spirito nei cuori dei discepoli di ogni generazione. Le parole che Gesù dice quando ancora è “presso” i suoi discepoli sono il perimetro di una comunicazione di sé a coloro che lo amano e osservano i suoi comandi che continua però anche a parlare “dal di dentro” attraverso l’insegnamento e il ricordo che lo Spirito suscita nei cuori. I cristiani non sono nostalgici archeologi che nei Vangeli hanno tra le mani solo sbiaditi documenti di un’esperienza passata, la chiesa non è un museo di antichità da preservare: le pagine del vangelo custodiscono per noi le parole concrete e insuperabili di un’esperienza storica precisa, unica, collocata nel tempo e nello spazio, e allo stesso tempo trovano nel cuore dei credenti, di quanti amano Gesù e osservano il suo comandamento dell’amore fraterno, la risonanza sempre nuova dell’insegnamento dello Spirito. È lo Spirito che, facendo risuonare la Parola di Gesù, guida la chiesa dentro la storia nell’esperienza viva dell’amore del Padre. La parola di Gesù è parola di Dio perché non solo è attestata dai vangeli, ma anche, e in modi sempre nuovi, grida nei cuori. È questa azione dello Spirito che la Chiesa è chiamata ad assecondare per imparare ogni giorno ad essere fedele al suo Signore.