Collatio 24-1-2020

Isaia 44,21-28

Ricorda tali cose, o Giacobbe,
o Israele, poiché sei mio servo.
Io ti ho formato, mio servo sei tu;
Israele, non sarai dimenticato da me.

Ho dissipato come nube le tue iniquità
e i tuoi peccati come una nuvola.
Ritorna a me, perché io ti ho redento.

Esultate, cieli, perché il Signore ha agito;
giubilate, profondità della terra!
Gridate di gioia, o monti,
o selve con tutti i vostri alberi,
perché il Signore ha riscattato Giacobbe,
in Israele ha manifestato la sua gloria.

Dice il Signore, che ti ha riscattato
e ti ha formato fin dal seno materno:
«Sono io, il Signore, che ho fatto tutto,
che ho dispiegato i cieli da solo,
ho disteso la terra; chi era con me?

Io svento i presagi degli indovini,
rendo folli i maghi,
costringo i sapienti a ritrattarsi
e trasformo in stoltezza la loro scienza;

confermo la parola del mio servo,
realizzo i disegni dei miei messaggeri.
Io dico a Gerusalemme: “Sarai abitata”,
e alle città di Giuda: “Sarete riedificate”,
e ne restaurerò le rovine.

Io dico all’abisso: “Prosciùgati!
Faccio inaridire i tuoi fiumi”.

Io dico a Ciro: “Mio pastore”;
ed egli soddisferà tutti i miei desideri,
dicendo a Gerusalemme: “Sarai riedificata”,
e al tempio: “Sarai riedificato dalle fondamenta”».

Non c’è solo la “patina” dell’idolatria, che impedisce agli occhi di vedere l’evidente e al cuore di comprendere l’ovvio (44,18!); ci sono anche, per Israele, le nubi dei peccati che soffocano lo sguardo, non permettono di alzare gli occhi al cielo, e costringono l’anima alla tenebra della sfiducia e della tristezza: si intravvede solo ciò che sta “sotto il cielo” ed è alla nostra stessa altezza. Ma Israele è chiamato a ricordarsi di Dio, anzi a ricordarsi che Lui non si dimentica, perché – dice il Signore – tu “sei mio servo. Io ti ho formato, mio servo sei tu; Israele, non sarai dimenticato da me!”. E il modo con cui il Signore si ricorda è sempre un atto di misericordia, che è un atto di creazione nuova: “Ho dissipato come nube le tue iniquità e i tuoi peccati come una nuvola”. Il perdono riapre il cielo, e fa nuovamente splendere sull’umanità e sul mondo il sole della giustizia e dell’amore di Dio. Allora ricordarci è tornare a Lui, nostro redentore, e unirci alla celebrazione di lode di una creazione esultante: “Ritorna a me, perché io ti ho redento. Esultate, cieli, perché il Signore ha agito; giubilate, profondità della terra! Gridate di gioia, o monti, o selve con tutti i vostri alberi”. La natura può gioire perché non più soffocata da una umanità predatrice, che la guarda solo come un bacino di risorse da consumare, ma ora finalmente liberata nello sguardo filiale di un popolo riscattato e glorioso; dirà San Paolo: “L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,19-21). Il perdono di Dio permette a Israele di vedere riaperto quel cielo (cfr. Is 63,19 e Mc 1,10-11!) che fa splendere la sua luce su tutta la creazione esultante. Non i presagi degli uomini e i loro tentativi di possedere il futuro, ma la Parola che Dio affida al suo servo e i disegni che consegna ai suoi messaggeri sono la ragione di una vera speranza di ricostruzione, di sicurezza, di pace per tutti.

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