Isaia 50,1-3
Dice il Signore:
«Dov’è il documento di ripudio di vostra madre,
con cui l’ho scacciata?
Oppure a quale dei miei creditori io vi ho venduti?
Ecco, per le vostre iniquità siete stati venduti,
per le vostre colpe è stata scacciata vostra madre.
Per quale motivo non c’è nessuno, ora che sono venuto?
Perché, ora che chiamo, nessuno risponde?
È forse la mia mano troppo corta per riscattare
oppure io non ho la forza per liberare?
Ecco, con una minaccia prosciugo il mare,
faccio dei fiumi un deserto.
I loro pesci, per mancanza d’acqua, restano all’asciutto,
muoiono di sete.
Rivesto i cieli di oscurità,
do loro un sacco per mantello».
La dichiarazione di amore e di fedeltà incondizionata di Dio per Gerusalemme (49,14-16!) si trasforma in psicodramma di coppia. Il Signore si rivolge agli israeliti parlando di Sion come di “vostra madre”, e li associa nella condanna della sposa ingrata, insensibile alla iniziativa di amore, di liberazione, di salvezza di Dio: “Ecco, per le vostre iniquità siete stati venduti, per le vostre colpe è stata scacciata vostra madre. Per quale motivo non c’è nessuno, ora che sono venuto? Perché, ora che chiamo, nessuno risponde?”. Un Dio appassionato, amante rifiutato, snobbato, che si paragona ad un marito (mediorientale!?) furioso per l’orgoglio ferito, che mentre ripudia la moglie e vende i figli, grida al mondo la sua forza, la sua capacità di riprendere, di riscattare, di liberare. Sta tutto insieme in questo psicodramma di coppia, dove l’amore ardente, la gelosia, l’impossibilità a comunicare e a farsi capire, diventa dramma cosmico: il furore dell’amante rifiutato prosciuga il mare, inaridisce i fiumi, oscura il cielo, purché finalmente l’amata comprenda e si lasci incontrare. Tutto è sconvolto, come in un gesto d’ira che colpisce la creazione per non colpire direttamente il popolo amato, che è scacciato ma non distrutto; è come uno sposo infuriato che rompe tutto in casa per non mettere le mani su colei che ama, ma dalla quale, lo sa, non può pretendere con la forza di essere ricambiato. “Ti faccio vedere io…!” sembra gridare questo sposo, e con ciò stesso ammette tutta la sua impotenza nell’essere riamato: non c’è amore senza libertà, e la libertà contiene il dolore della libertà dell’altro di non amarti. E’ una storia di amore che contiene il dramma del fallimento, del rifiuto, dell’incomprensione, del “peccato”. Ed è una storia di amore che giunge al suo culmine in un’altra tenebra cosmica, quella dell’ora del morire di Gesù sulla croce, l’amante divino appassionato e rifiutato che si fa uomo impotente fino alla morte.