Isaia 57,3-13
Ora, venite qui, voi,
figli della maliarda,
progenie di un adultero e di una prostituta.
Di chi vi prendete gioco?
Contro chi allargate la bocca
e tirate fuori la lingua?
Non siete voi forse figli del peccato,
prole bastarda?
Voi, che spasimate fra i terebinti,
sotto ogni albero verde,
che sacrificate bambini nelle valli,
tra i crepacci delle rocce.
Tra le pietre levigate del torrente è la parte che ti spetta:
esse sono la porzione che ti è toccata.
Anche ad esse hai offerto libagioni,
hai portato offerte sacrificali.
E di questo dovrei forse avere pietà?
Su un monte alto ed elevato
hai posto il tuo giaciglio;
anche là sei salita per fare sacrifici.
Dietro la porta e gli stipiti
hai posto il tuo emblema.
Lontano da me hai scoperto il tuo giaciglio,
vi sei salita, lo hai allargato.
Hai patteggiato con coloro
con i quali amavi trescare;
guardavi la mano.
Ti sei presentata al re con olio,
hai moltiplicato i tuoi profumi;
hai inviato lontano i tuoi messaggeri,
ti sei abbassata fino agli inferi.
Ti sei stancata in tante tue vie,
ma non hai detto: «È inutile».
Hai trovato come ravvivare la mano;
per questo non ti senti esausta.
Chi hai temuto?
Di chi hai avuto paura per farti infedele?
E di me non ti ricordi,
non ti curi?
Non sono io che uso pazienza da sempre?
Ma tu non hai timore di me.
Io divulgherò la tua giustizia
e le tue opere, che non ti gioveranno.
Alle tue grida ti salvino i tuoi idoli numerosi.
Tutti se li porterà via il vento, un soffio se li prenderà.
Chi invece confida in me possederà la terra,
erediterà il mio santo monte.
L’invito a venire ha, ora, tutta l’aria di una minaccia. C’è da non crederci… – sembra dire qui il Signore! – la liberazione offerta e la salvezza imminente non hanno come risposta altro che lo stanco ripetitivo ritorno ai vecchi culti idolatrici, e a tutta la serie delle pratiche abominevoli e avvilenti connesse. Perfino il monte Sion, “monte alto ed elevato”, che era stato prefigurato dal Primo Isaia come il luogo del raduno delle nazioni e della pace (Is 2,1-5: “Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà elevato sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti…”), e che il Secondo Isaia aveva finalmente mostrato come luogo per l’annuncio della salvezza già presente (Is 40: “Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!”), ora nel Terzo Isaia il Signore, che aveva rinnovato la promessa di un monte santo casa di preghiera per tutti (56,7!), ne deve denunciare la profanazione idolatrica: “Su un monte alto ed elevato hai posto il tuo giaciglio; anche là sei salita per fare sacrifici”; il popolo ha cercato di innalzarsi dimenticando Dio e la sua giustizia, e si è ritrovato sempre più sprofondato nella ripetizione di vecchie superstizioni, di pratiche dettate dalla paura e dall’ignoranza, dalla ristrettezza di cuore e di mente: “ti sei abbassata fino agli inferi!”. Lo stupore che traspare davanti a questa ostinazione masochistica è che, nonostante l’evidente logoramento prodotto dalla strada vecchia dell’idolatria, il popolo, come per una forma di dipendenza autodistruttiva, ritrovi sempre nuove energie per continuare a farsi del male: “Ti sei stancata in tante tue vie, ma non hai detto: È inutile. Hai trovato come ravvivare la mano; per questo non ti senti esausta”. La ragione che il Signore vede per tale stoltezza è la paura, che sembra condizionare più di ogni altra cosa: “Chi hai temuto? Di chi hai avuto paura per farti infedele?”. Sembra quasi che il Signore si penta di non aver usato lo stesso metodo minaccioso degli idoli per impressionare il suo popolo, per fare in modo che si ricordasse di Lui, che ne avesse considerazione, e di avere invece usato una pazienza e una misericordia di cui alla fine Israele si è approfittato (cfr. Rm 2,4!), alla fine disprezzando il Signore e la sua “debolezza” nel mondo: “E di me non ti ricordi, non ti curi? Non sono io che uso pazienza da sempre? Ma tu non hai timore di me”. Il Secondo Isaia aveva annunciato “cose nuove”: la liberazione e la salvezza di Dio per un mondo nuovo, riconciliato, nella giustizia e nella pace. E ora sembra che tutto si ripeta in un eterno ritorno invincibile di peccato, di paura, di ostinazione, di mancanza di fede. Un popolo corrotto dietro la vanità inconsistente dei suoi fantasmi: “Tutti se li porterà via il vento, un soffio se li prenderà”. Eppure è ancora possibile tornare sul monte santo della promessa, perché tutto può sempre ricominciare da un atto semplicissimo e rivoluzionario, liberante, che ci riapre il futuro di Dio: confidare in Lui!