Collatio 29-04-2020

Atti 3,1-16

Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio.

Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi».

La novità del Risorto entra nella tessitura ordinaria della vita da buoni ebrei degli apostoli, Pietro e Giovanni, che, come avevamo visto nel sommario dei versetti precedenti, salgono al tempio per la preghiera. Sono le tre del pomeriggio: l’appuntamento è quello del sacrificio quotidiano della sera, ma è anche l’ora della morte con la quale Gesù ha personalizzato e compiuto il suo sacrificio sulla croce. C’è dunque sullo sfondo la trama di tempi e riti del popolo di Israele, trama che Gesù ha assunto e portato a pienezza nella sua persona. E così anche per gli apostoli, suoi testimoni, questo salire al tempio si apre all’emergere della novità di Gesù: non con proclami o gesti eclatanti, ma semplicemente con la libertà di una presenza piena, che sa vedere il “solito” con occhi nuovi, oltre gli schemi e i ruoli preconfezionati, irrigiditi dalle consuetudini. Lo storpio è portato alla porta del tempio perché, come in ogni grande tradizione religiosa, le persone pie gli facciano l’elemosina. Ognuno ha il suo ruolo: le persone religiose e il povero, in uno “stato di cose” accettato, e con un suo equilibrio. Lo sguardo di Pietro e Giovanni, che “fissano gli occhi” su quell’uomo, cambia tutto, perché è lo sguardo liberato, a motivo della fede in Gesù risorto, dalla rassegnazione della morte, e da ogni rassegnazione, e così possono “vedere” davvero quell’uomo. E vedendolo come persona, e non come un “disabile” facente parte di uno scenario immodificabile, lo invitano ad alzare gli occhi, a guardarli, restituendogli dignità e un inedito spazio di libertà. E quella sua speranza di “ricevere da loro qualche cosa” già cambia di segno, si apre al nuovo. E, certo, Pietro e Giovanni gli danno quello che hanno, convocandolo ad una fede che risana: è la fede degli apostoli ed è la fede di quell’uomo. Così spiega Pietro al termine del brano di oggi: “E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi”. Ma quali sono le caratteristiche di questa fede potente, che compie segni e prodigi? Non lasciamoci sfuggire la prima parola di Pietro a quest’uomo in attesa: “Non ho né argento né oro”. È una fede potente, perché è la fede di uomini poveri, del tutto affidati al Signore, che hanno lasciato tutto per seguirlo e che ora vivono uno stile di comunità fatta di condivisione e semplicità, anzi, come avevamo ascoltato, “vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (2,45). Senza questa rinuncia, effettiva e affettiva, al possesso, non in nome di un falso eroismo, ma di quell’essere ricolmati dallo Spirito che libera dalla paura della morte, senza questa dimensione povera e affidata, la fede perde efficacia nel mondo, e rischia di estenuarsi in un vano sforzo volontaristico, in autosuggestione, in spiritualismo, nel tentativo di tenere capra e cavoli, sicurezza (falsa) terrena e fiducia in Dio. Pietro e Giovanni sono testimoni della potenza del “Nome”, cioè della persona stessa di Gesù, che ha afferrato la loro vita e l’ha trasformata, che si è donato fino in fondo, e che ora riconoscono presente e vivo, vincitore sul peccato e sulla morte. È in forza di questo Nome, che li ha resi poveri e pieni di gioia in questo mondo, che possono dire allo storpio che anche la sua vita può cominciare a essere diversa, può alzarsi dall’immobilismo del suo ruolo e cominciare a camminare. Preso per mano e sollevato, quell’uomo scopre che una forza mai sentita non lo sta “portando” al posto suo, ma gli sta permettendo di camminare con i suoi piedi, anzi di “balzare in piedi”, di “saltare” e di “lodare Dio”, entrando finalmente in quel tempio del quale aveva conosciuto sinora solo la soglia della sua stessa impossibilità, della sua sentenza di condanna, della sua esclusione. La fede in Gesù, nel segno della povertà affidata, muove quel che prima era fermo, apre quel che prima era chiuso e inaccessibile. E questo provoca meraviglia, stupore in tutti! È davanti a questo stupore (come nel giorno di Pentecoste), non davanti ad un’assemblea annoiata, che Pietro fa’, per la seconda volta, il suo annuncio. La sua predicazione non è un’elucubrazione teorica e impalpabile o un piatto moralismo: è innanzitutto la risposta ad una meraviglia e la proposta di una chiave di lettura di quel che accade. La potenza di guarigione e di libertà che tutti possono vedere non scaturisce dagli apostoli (anche nei versetti precedenti avevamo ascoltato che “molti prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli”, ma più semplicemente in greco si dice “attraverso gli apostoli”, perché non è opera loro ma di Gesù risorto!), non è un loro potere o un effetto della loro “religiosità” (che appunto si esprime invece nell’elemosina!). Perché fissate noi, il dito invece che la luna? Si tratta di Gesù, proprio quel Gesù, santo e giusto, che voi avete consegnato e rinnegato, l’autore della vita al quale avete dato la morte, ma che Dio ha glorificato, ha risuscitato. Noi siamo solo i testimoni che la sua potenza di vita, di guarigione, di salvezza è presente nel mondo ed è davvero disponibile per chiunque crede in Lui!

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